Ieri Il Foglio ha pubblicato un articolo che ho letto con interesse – “Il futuro è un diritto (tv)” – che conteneva un’inesattezza. Infatti, l’autore ha sottolineato che “Dazn è stato costretto a mettere sul tavolo non solo un’offerta finanziariamente più vantaggiosa rispetto all’offerta a Sky (840 milioni a stagione contro 750), ma anche un piano volto a portare una dose di interessante innovazione “.
I numeri sono imprecisi, ma sparsi da tutti, non solo dal foglio, e – visti gli effetti diretti e indiretti della decisione finale – richiedono una precisazione: per la stagione in corso Sky paga 790 milioni per 7 partite esclusivamente su tutte le piattaforme. Dazn ha appena comprato lo stesso pacchetto, 1 (con scelta migliore, o la sicurezza di avere sempre Inter e Juve) per 740 milioni. I restanti 100 si applicano al pacchetto 3 (tre giochi in co-esclusiva OTT: attualmente non esiste co-esclusiva). Un colpo di stato, per di più senza obbligo di utilizzare tutte le piattaforme, un obbligo rimosso all’ultima chiamata.
A proposito di questa curiosa “esclusione”, sono andato a riprendere il comunicato rilasciato dalla Lega nel marzo 2019 in udienza con l’antitrust (procedura R2): “Il partito ritiene che, almeno per il prossimo ciclo missionario (2021-24) potrebbero essere richieste piattaforme di distribuzione tradizionali (satellite e digitale terrestre) per la distribuzione dei diritti di Serie A. Internet potrebbe non rappresentare una metodologia di distribuzione sufficiente per competere con le piattaforme tradizionali … questo operatore dei problemi tecnici dovuti allo stato della rete in Italia. ”Illuminata: ma certo che gli anni passano, i tempi cambiano, Tims si sposta, le mamme invecchiano. Come opinioni.
Quando torniamo alle offerte dell’ultima, molto controversa conversazione, le mele (i diritti) vendute a Dazn sono molto più succose di quelle consegnate a Sky tre anni fa, proprio per le scelte di qualità. In questo round, Sky, che non è in grado di acquistare in esclusiva, ha aggiunto 750 milioni a 10 giochi in co-esclusiva. Qui siamo pere contro mele.
Inizialmente, le due emittenti non erano in concorrenza per lo stesso prodotto. Il concetto di business della pay-TV è in realtà legato all’esclusività: l’abbonato mi paga perché il prodotto è visto solo da me. Il valore dell’esclusiva è economicamente inferiore alla metà. Se c’è un altro giocatore con lo stesso contenuto, scende a un terzo se ci sono tre giocatori e così via.
Fino a maggio 2022, termine entro il quale potrà riacquistare l’esclusiva (cade il vincolo antitrust), Sky partecipa ad ogni diritto alle competizioni con armi contundenti, zoppe e con regole diverse.
Dazn ha approfittato di questa situazione, intelligentemente, con l’aiuto (legale o illegale vedremo) di Tim, preoccupato per la concorrenza a banda larga di Santa Giulia.
L’offerta di co-esclusiva di Sky, da confrontare con Dazn, avrebbe dovuto includere la proposta finanziaria per l’altra co-esclusiva. È il famoso canale della Lega, soffocato nella culla per vari motivi, dopo che per diversi mesi, prima Mediapro e poi De Laurentiis, avevano elevato l’introduzione con piani imprenditoriali miliardari.
La Lega, che ora rifiuta Sky Package 2 per le tre seconde o terze squadre che chiedono più soldi, sta cercando di vendere un prodotto di poco valore a caro prezzo: i gioielli di famiglia hanno già rinunciato a uno sconto. Lunga vita a Dazn, invece, e Sky e il sano concetto di competizione sopravvivono.