Calcio, introiti in caduta libera ma c’è chi fa finta di non accorgersene

Calcio, introiti in caduta libera ma c’è chi fa finta di non accorgersene

Dall’Inter alla Juve, passando dalle romane: tutte hanno il dovere (dichiarato) di ridurre monte ingaggi ormai troppo elevati. Eppure c’è chi chiede sempre di più

Dall'Inter alla Juve, passando dalle romane: tutte hanno il dovere (dichiarato) di ridurre monte ingaggi ormai troppo elevati. Eppure c’è chi chiede sempre di più

Il calcio perde soldi, i calciatori fingono di non vederlo. Non vogliono sapere. Non si tratta di loro. E per bocca dei pubblici ministeri si ostinano a percepire, pretendendo la crescita in un fiume di denaro mondiale che ha tuttavia rotto gli argini. Che non esiste più negli stessi termini. Mentre la sfera sta rotolando economicamente. Lo dicono i numeri. Ma per i giocatori la rivendicazione esistenziale è sempre la stessa. Palla, borsellino sempre più gonfio, mano (falsa) sul cuore. Ma i club in Europa, anche i più ricchi, sono quasi esauriti. Stanno cercando soluzioni. I fan capiscono. E alcuni capricci, anacronistici e non solo poco romantici, iniziano a essere mal tollerati. Asimmetrie tra chi passa e deve gestire la nuova piattaforma e chi non vuole rinunciare a pollici. Il vaso non è stato ancora riempito. Ma nemmeno vuoto. Il pericolo di una bolla, di un crollo finanziario e sentimentale, però, è reale. Il rischio, dati alla mano, non è poi così lontano. Il ritardo nel pagamento degli stipendi è un campanello.

L’impatto di Covid sull’industria del calcio

L’impatto del Covid sull’industria del pallone

L’impatto del Covid sull’industria del pallone

Lo studio annuale di Deloitte (“Football Money League 2021”) ha evidenziato in modo eloquente l’impatto distruttivo del Covid-19 sul mondo del calcio. I ricavi cadono liberamente. Le gocce ora scorrono dai rubinetti da cui scorrevano le fonti di denaro. Non dei diritti televisivi, ancora “effettivi”, ma delle vendite, dei ricavi di scena. Per quest’ultimo, per la stagione in corso, è prevista una perdita di 80 milioni per la Juventus, 60 e 40 rispettivamente per Inter e Milan, circa 30 per Roma e Lazio e 17 per il Napoli. Un gap economico difficile da colmare. Con il fatturato medio dei principali club europei pari a 409 milioni di euro: -55 milioni rispetto al 2018/19.

Perdite da brividi

Secondo il rapporto Deloitte, le 20 squadre di calcio del mondo in termini di entrate perderanno più di 2 miliardi di euro entro la fine della stagione 2020/21. Numeri entusiasmanti. Tuttavia, niente. I protagonisti (i calciatori) rimangono instancabili, come se nulla fosse accaduto. Anche se il film è cambiato. Con cinema chiusi. E la commedia diventa (quasi) drammatica, se non terribile. Gli stipendi dei calciatori, già in eccesso, sempre in aumento incondizionato, sono ormai un diritto acquisito dalla categoria. Anche per i vecchi giocatori, sul viale del tramonto. Chi è in campo non darà mai più di quello che ha già dato. Un dovere, un dovere che i club dovevano adempiere fino a ieri. Fino a prima della crisi globale. Per non perdere i giocatori, il loro capitale. Sportivo ed economico. E non lasciare il mercato.

Il vento del calcio però sta cambiando. I 60 milioni all’anno per Ronaldo, che non hanno effetto, fanno parte di un’altra epoca. Le previsioni del tempo danno un altro cielo finanziario. Più nuvole che cieli azzurri. Tornerà il cielo limpido? Intanto le aziende, anche italiane, sono soffocate da costi non bilanciati dai ricavi. Dal Between alla Juve, passando per i romani. Ognuno ha il (dichiarato) dovere di ridurre salari troppo alti. Che rappresentano una parte eccessiva ingiustificata. Per non parlare della contrazione delle vendite.

Leggi anche

Richieste eccessive da parte dei giocatori

Richieste eccessive dai giocatori

La scorsa estate, solo Chelsea e Manchester City non hanno badato a spese. Per quasi tutti gli altri big del continente, tanti scambi uguali, zero parametri, severità. Ma le richieste dei giocatori, quelli già con gli stipendi più alti, sono comunque fondamentali. De Covid. Dalla crisi. Anche di pregio sportivo. Del reale impatto delle loro prestazioni. Che invece non crescono quasi mai. O comunque proporzionale agli aumenti salariali richiesti.