Calcio, Mandzukic e i (pochi) giocatori che rinunciano allo stipendio

Calcio, Mandzukic e i (pochi) giocatori che rinunciano allo stipendio

Campione del mondo, quattro scudetti in bacheca, 244 gol in carriera perdono lo stipendio dell’Urca. Fermare. E chi è? Chi era, semmai. Angiolino Schiavio – Anzlèin in dialetto bolognese – dopo Meazza e Piola il più grande calciatore italiano degli anni Trenta. È stato il primo giocatore a dire no grazie allo stipendio che il Bologna gli ha offerto. “Ho già qualcosa per mantenermi” – ha detto – “E con tutto il tempo che spreco a giocare, perdo molti soldi”. Aveva studiato ragioniere, aveva lavorato tutto il giorno nel negozio di famiglia – il più prestigioso parrucchiere bolognese – poi la sera era andato a fare formazione. Schiavio è nato ricco, se lo poteva permettere.

Il gesto di Mandzukic

Il gesto di Mandzukic

Con la nostalgia del calcio pionieristico secco e tranquillo, va detto che anche il “beu geste” di Schiavio è un’anomalia. Così com’è – quasi un secolo dopo – la scelta di Mario Mandzukic, che ha lasciato sul tavolo lo stipendio a marzo, è di poco superiore ai 250mila euro netti (il semestre di stipendio è di 1,6 milioni, ora a rischio rinnovo contrattuale). Arrivato a Milano infortunato, sembrava a posto. Definito il presidente Paolo Scaroni un “gesto etico, da professionista”, il Milan ha deciso di devolvere il denaro alla Fondazione Milan che sostiene progetti per giovani in condizioni di fragilità socio-economica ed educativa. Tutto molto bello, disse Pizzul. È. Niente carte sacre, ma i nobili rimangono un gesto raro.

L’autosospensione di Redondo

L'autosospensione di Redondo

Tra l’altro a Milano il “taglio di stipendio” degli infortunati stranieri non è una novità. Nel 2000 sono stati versati 35 miliardi a Redondo. C’erano grandi aspettative, ma l’Argentina ha vissuto mesi di sofferenza. Dopo un anno sabbatico, ha fatto un accordo con Galliani e gli ha trattenuto lo stipendio. “Quando starò meglio ne parleremo”, ha detto Redondo. Anche il Kakà-bis tornato a Milanello dopo le catene al Real – gravato da vari problemi fisici – si è negato lo stipendio per un mese, il tempo per rimettersi in forma. È un accordo fatto di senso di responsabilità e, a volte, di coscienza pulita. Gattuso è un gioco a parte. Cuore d’oro Ringhio. A Napoli, ma anche a Milano, così come a Pisa e OFM Creta, l’allenatore ha rinunciato a parte del suo stipendio per passare al suo staff e ai dipendenti dell’azienda. Carriera – una vita si potrebbe dire – esemplificata da pensatori eccezionali.

I 1500 euro di Tommasi

Quindici anni fa Damiano Tommasi – Anima Candida non a caso – tagliò il crociato, saltò un’intera stagione e quando tornò a Trigoria preferì tagliare lo stipendio fino a 1500 euro, il minimo salariale. “L’ho fatto per amore del calcio e anche per la gratitudine verso la Roma che mi è sempre stata vicina in questo anno di difficoltà”. Qualche anno prima, Cristiano Lucarelli è diventato un’icona del Livorno, abbandonando la categoria e dimezzando il suo stipendio. “Ci sono giocatori che comprano una barca a vela, una Ferrari, una villa al mare con i soldi che guadagnano. Qui ho comprato una maglia del Livorno con questi soldi”. Nota: “Salva il miliardo”, in linea con la famosa autobiografia. Calhanoglu – ai tempi del Bayer Leverkusen – ha ricevuto un divieto di quattro mesi. Bloccato dalla FIFA, perché non aveva rispettato il contratto con il Trabzonspor, che aveva accettato. Ha detto che “non voleva danneggiare ulteriormente il club, quindi ha ritirato il suo stipendio per la durata del suo congedo obbligatorio.

Lo stipendio per il servizio sanitario

Un anno fa – all’inizio della pandemia – la crisi economica spinse il mondo del calcio a fare i conti in tasca. Honda Japan – ex Milan – ha messo a disposizione del Botafogo i suoi stipendi mensili, in quanto il promettente centrocampista del Newcastle Matthew Longstaff, tra l’altro il giovane meno pagato della Premier League, ha deciso di tagliare il suo stipendio del 30% da devolvere al Servizio Sanitario Nazionale, Servizio sanitario nazionale britannico. Buoni esempi, ma isolati. In Italia era un’antologia di buoni propositi. L’intera categoria di calciatori – ranghi eletti – si è detta pronta a tagliare, arrendersi, ridurre gli stipendi. Infatti – con pochissime eccezioni – un anno dopo abbiamo scoperto che non si arrendevano. Semplice: no oggi, ma domani sì. Dividete i salari, ritardate i pagamenti. Lo sappiamo: il calcio è un mondo per adulti, esci da professionista.